
La gastronomia e le eccellenze italiane, sono senza dubbio, le migliori del mondo. Ogni regione ha la sua caratteristica e il suo piatto tipico. Molte delle ricette affondano le loro radici nelle consuetudini contadine, nella tradizione della cucina povera, che non ha regole scritte dai grandi chef del mondo, ma che nasce dall’esigenza della, spesso esigua, disponibilità della dispensa e , sopratutto dalla fame e dal bisogno di sostenere il duro lavoro degli uomini nei campi e per far crescere robusti e sani i figli. Le regole nascevano dal quotidiano, quando il maiale si metteva in una zuppa solo se era disponibile, quando, se nella madia c’era pane secco, lo si grattugiava sulla pasta, o lo si copriva di brodo, e quando del bue, venduto il resto, si utilizzava il “quinto quarto”, oppure quando i pescatori risparmiavano gli avanzi del pesce per fare un profumato brodetto . Ma certo nulla si buttava....
LE RICETTE DELLA TRADIZIONE ITALIANA
(tutte le foto contenute nella pagina sono state da me realizzate, pertanto sono di mia esclusiva proprietà. Ogni utilizzo o riproduzione, senza mio espresso consenso, sono vietati)
REGIONE ABRUZZO
Bucatini all’amatriciana
Nota: Questo piatto, non rappresenta soltanto una realtà regionale, ma ormai viene esportato in tutto il mondo come uno dei prodotti dell’”Italian style”. In assoluto nasce come espressione della cucina tipica abruzzese, anche se la città di Amatrice (che dà il nome al piatto) dal 1927 è stata assorbita dalla provincia di Rieti, nel Lazio. Ma il piatto vanta storia e origini ben più lontane nel tempo. Il Guanciale Amatriciano d.o.p., è ingrediente insostituibile di questa ricetta. Il procedimento di seguito descritto è l’unico, originale e possibile per eseguire una “amatriciana” alla regola !
Difficoltà 1
Tempo di cottura 20 minuti
Ingredienti:
400 gr. di bucatini
200 gr. di Guanciale Amatriciano d.o.p.
Polpa di pomodoro
Un peperoncino piccolo.
Pecorino romano d.o.p.
Affettate il guanciale non troppo sottile, indi sovrapponete le fette e tagliatelo a rettangoli non troppo piccoli.
In una padella di ferro arroventata scaldate pochissimo olio extravergine di oliva e subito aggiungete il guanciale e il peperoncino fatto a pezzetti. A fuoco vivissimo rosolate per pochi minuti il guanciale finché non diventa croccante. Aggiungete la polpa di pomodoro e aggiustate di sale. Abbassate il fuoco e mandate per circa 20 minuti.
Scolate i bucatini rigorosamente al dente e terminate la cottura della pasta in padella. Una possibile variante è quella di aggiungere una manciata di pecorino durante la mantecatura della pasta nel sugo.
Servite cospargendo di abbondante pecorino.




REGIONE BASILICATA
Strangolapreti alla potentina
Nota: Gli strangolapreti fanno parte di quelle paste fresche che in quasi tutte le regioni italiane son fatte con acqua e farina. I nomi sono molteplici: pici, strangozzi, strozzapreti, bigoli, ecc. Le forme sono sempre diverse a seconda della fantasia e della creatività della massaia che taglia la sfoglia. Questa ricetta a base di sugo di maiale, molto elaborata e caratteristica della regione Basilicata, è il tipico piatto che si preparava nei giorni di festa, quando si era ammazzato il maiale e c’era abbondanza di farina nella madia. La stessa preparazione della pasta, prevedeva che le donne, dalla mattina precedente il pranzo iniziassero a preparare l’impasto, poi tirato in sfoglia, tagliato in pezzetti caratteristici e lasciato ad asciugare.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 2 ore
Ingredienti
Per la pasta:
500 g di farina
Sale
Acqua q.b.
Per la salsa:
400 gr. di pomodori pelati
Una fetta di carne di maiale battuta (almeno 400 g, possibilmente arista o prosciutto)
50 gr. di pancetta arrotolata
Uno spicchio d’aglio
Una cipolla, 1 gambo di sedano, 1 carota, 1 ciuffo di prezzemolo
Mezzo bicchiere di vino bianco secco
60 gr. di pecorino grattugiato e 20 g di pecorino a pezzetti
Pepe nero
Noce moscata
Un pizzico di peperoncino piccante in polvere
Impastate acqua, sale e farina. Tirate l’impasto alto non più di 1 cm. Formate i rotolini e tagliateli a pezzi da 5 cm. Con il dorso della mano rendete concavi nel mezzo i pezzi. Lasciate riposare per almeno 1 ora.
Preparate una farcia composta da due cucchiai di pecorino grattugiato, una manciata di pecorino tagliato a dadini, prezzemolo tritato, un pizzico di noce moscata, un pizzico di peperoncino in polvere. Amalgamate con un cucchiaino di olio e.v. di oliva. Distendete sul tagliere la fetta di maiale e battetela in modo uniforme fino ad ottenere un rettangolo. Spalmate la farcia in modo uniforme. Adagiate sulla fetta e sulla farcia la pancetta. Arrotolate con cura e legate con spago da cucina per ottenere un rollè. In un tegame largo soffriggete cipolla, sedano e carota tagliati a pezzi grandi. Quando il soffritto sarà imbiondito, rosolate il rollè girando più volte con il forchettone per dorare tutta la superficie. Sfumate con il vino bianco e aggiustate di sale. Solo quando il liquido di cottura sarà evaporato, aggiungete i pelati fatti a pezzi. Coprite parzialmente e lasciate andare per 50 minuti a fuoco medio. Indi togliete la carne (che servirete come pietanza) e condite gli strangolapreti con la salsa ottenuta. Cospargete i piatti con il rimanente pecorino grattugiato.
REGIONE CALABRIA
Bucatini con la mollica
Nota: Quale piatto migliore di questo per ricordare la cucina povera e contadina ! Quando in dispensa non c’erano ingredienti, si condiva la pasta con il pane secco e avanzato dai giorni precedenti, grattugiato e ripassato in padella con aglio, olio e peperoncino. I “bucatini” oggi commercializzati secchi e simili a grossi spaghetti bucati, in realtà si facevano a mano con l’aiuto di un sottilissimo ferro, attorno al quale si stendeva e si attorcigliava la pasta, per creare il foro adatto a raccogliere il condimento. Nella tradizione contadina, secondo disponibilità, si aggiungeva la famosa ‘nduja (tipico salume calabrese morbido e impastato con peperoncino), oppure guanciale, pancetta o lardo. Si stenta a concepire un piatto così semplice (denominato anche “Bucatini alla catanzarese”) ma – provare per credere – il risultato è eccezionale.
Difficoltà 1
Tempo di cottura 15 minuti
Ingredienti
400 gr. di bucatini
100 gr. di pane secco
Uno spicchio d’aglio
Peperoncino
Pecorino (facoltativo)
Sbriciolate il pane secco con la grattugia a fori grandi, oppure battendolo dentro un canovaccio finchè non sia ridotto a pezzetti piccolissimi.
Soffriggete in padella arroventata aglio olio e peperoncino, indi abbrustolite assieme al soffritto le briciole di pane secco, fino a quando non prenderanno un bel colore dorato e facendo attenzione a non bruciarle.
Ripassate in padella i bucatini scolati molto al dente, spadellando energicamente. Non aggiungete acqua di cottura della pasta.
A piacere spolverate di pecorino.




REGIONE CAMPANIA
Lumaconi alla sorrentina
Nota: Il procedimento di preparazione di questa pasta “alla sorrentina”, ricetta largamente diffusa nella regione Campania, si presta soprattutto alle paste di grande formato, come conchiglioni, lumaconi, paccheri o pennoni, tipici della produzione dei pastifici di Gragnano. Si tratta di una pasta al forno, ripiena dei classici ingredienti della “sorrentina”: fiordilatte, pomodoro, ricotta, carne macinata, parmigiano, basilico (facoltativa la provola) . E’ una ricetta molto elaborata ma di grande effetto in tavola, tipica delle occasioni speciali.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 1 ora e mezzo
Ingredienti:
400 gr. di lumaconi
250 gr. di fiordilatte
250 gr. di ricotta
200 gr. di carne di manzo e/o di maiale (metà e metà) macinata
2 uova
200 gr. di parmigiano
100 gr. di provola affumicata (facoltativa)
Basilico
Due dita di vino bianco
Pepe nero
Per la salsa:
250 gr. di passata di pomodoro
Cipolla
Un cucchiaino di zucchero per correggere il grado di acidità del pomodoro
Rosolate la carne macinata con un filo di olio extravergine di oliva, sfumate con il vino bianco e portatela a cottura. Lasciate raffreddare.
In una terrina battete le uova e mescolatevi la carne rosolata, il parmigiano grattugiato, il fiordilatte sminuzzato finissimo e, per ultima, la ricotta lavorata a crema. Aggiustate di sale e pepe.
Preparate una salsa leggera, facendo imbiondire la cipolla tagliata finissima e cuocendo la passata di pomodoro per pochi minuti. Aggiungete qualche foglia di basilico, una presa di zucchero e aggiustate di sale. Lasciate freddare.
Servendovi di un cucchiaino farcite i lumaconi uno ad uno con il ripieno preparato; sistemateli vicini in una pirofila imburrata e passateli in forno già caldo a 200°C per soli 5 minuti.
Sfornateli, spolverateli di parmigiano grattugiato e copriteli completamente con il sugo; rimettete in forno. Riducete il calore a 160°C e fate cuocere ancora 20 minuti.
Servite spolverando nuovamente di parmigiano e spargendo basilico fresco spezzato con le mani.
REGIONE EMILIA
Fettuccine al ragù emiliano
Nota: Questo ricco piatto fatto con tre tipi di carne (rossa, bianca, maiale), nella tradizione della cucina del territorio, era riservato ai giorni di festa e alle occasioni speciali, in quanto non sempre le genti contadine potevano permettersi di usare la carne come condimento. Il ragù emiliano per il quale si usa carne macinata, si differenzia nettamente da quello napoletano e delle regioni del sud, in cui viene usato un unico pezzo di carne intero fatto sobbollire nella salsa di pomodoro per diverse ore.
Difficoltà 4
Tempo di cottura 2 ore
Ingredienti
500 gr. di fettuccine fresche all’uovo
150 gr. di carne macinata di manzo
150 gr. di carne macinata di vitello
150 gr. di carne macinata di tacchino
150 gr. di carne macinata di maiale
Una fetta di lardo
500 gr. di polpa di pomodoro (o pomodori San Marzano sbollentati e spellati)
2 cipolle
2 carote
2 gambi di sedano
Prezzemolo
Un bicchiere di vino rosso Sangiovese
Una tazza di brodo di carne
Un cucchiaio di zucchero (per correggere il grado di acidità del pomodoro)
Preparate un battuto di odori assieme al lardo.
In un tegame largo rosolate il battuto con poco olio extravergine di oliva (il grasso del lardo sciogliendosi aumenterà notevolmente). Solo quando il trito sarà imbiondito, aggiungete i quattro tipi di macinato schiacciando i pezzi con la forchetta. Quando anche la carne sarà rosolata, versate sul soffritto il vino rosso e fate evaporare per circa 15 minuti. Solo quando il liquido sarà sufficientemente ristretto, aggiungete la polpa di pomodoro. Per la riuscita del ragù è consigliato usare pomodori San Marzano spellati e fatti a cubetti (ricordando di sgocciolare buona parte del liquido di vegetazione prima di portare a cottura i pomodori).
Aggiustate di sale e cuocete il ragù fuoco bassissimo semicoperto per almeno un’ora e mezzo, rimestando spesso per evitare che si attacchi sul fondo del tegame e controllando che non si restringa troppo (nel caso aggiungete di volta in volta un mestolo di brodo di carne).
Quando il ragù è pronto scolate le fettuccine a giusta cottura, conditele con il sugo e spolverate con parmigiano reggiano grattugiato.




REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA
Blecs al Tazzelenghe
Nota: I “Blecs” altro non sono che maltagliati di farina di grano saraceno. Infatti in dialetto friulano “blecs” significa “biechi, storti, rozzi” in riferimento al taglio della sfoglia che secondo la tradizione contadina veniva fatto a coltello e sempre a mano, senza seguire un preciso disegno geometrico. Per facilità i blecs vengono tutt’oggi tagliati a triangolo.
Il Tazzelenghe è un eccellente vino friulano DOC, la cui produzione è consentita nella provincia di Udine. Anche il nome di questo vino è una italianizzazione dal dialetto della regione, in quanto significa “taglia lingua”, nome dovuto all’asprezza del vino da giovane quando si presenta naturalmente ricco di acidità e ricchezza di tannini, dovuta ad una prolungata macerazione. E’ certamente un vino duro e robusto che rispecchia fedelmente il carattere della gente che lo coltiva, ma che si ammorbidisce durante i normali processi di affinamento connessi all’invecchiamento in botte (ossidazione e condensazione dei tannini). Il colore rosso violaceo, intenso, vinoso da giovane, si attenua cangiando in rosso con riflessi granato con l’invecchiamento.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 2 ore (compresa la preparazione della sfoglia)
Ingredienti
Per la pasta
150 gr. di farina di grano saraceno
150 gr. di farina di frumento
50 gr. di farina di mais
150 gr. di burro
2 uova
50 gr. di formaggio latteria vecchio sale
400 gr. di blecs
400 gr. di guanciale di maiale (o di manzo)
Una fetta di lardo
2 gambi di sedano
Una cipolla grande
2 carote
100 gr. di burro
Un litro di Tazzelenghe
Formaggio grana
Preparate un battuto fine di lardo, sedano, cipolla e carota. In un padellino a parte rosolate il battuto in olio extravergine di oliva fin quando la cipolla non sarà imbiondita.
Tagliate il guanciale a fette non troppo sottili, infarinatelo e rosolatelo nel burro in un tegame largo. Sfumate con un bicchiere di Tazzelenghe a fuoco vivo. Indi aggiungete il battuto al tegame, coprite di vino rosso, attendete che riprenda il bollore, indi mandate a fuoco lento, semicoperto, per circa 1 ora. La farina, il burro e la progressiva restrizione di vino , dovranno formare una salsa cremosa.
Nel frattempo preparate la sfoglia con gli ingredienti indicati, e tagliatela a triangoli per formare i blecs.
Cuocete in abbondante acqua salata per almeno 15 minuti. Indi scolate i blecs e incorporateli alla salsa di guanciale e Tazzelenghe. Mantecate a fuoco vivo per un paio di minuti.
Servite cospargendo di grana grattugiato.
REGIONE LAZIO
Cacio e pepe
Nota: Questa antica ricetta, tipica della cucina povera contadina, ha origine dalla transumanza dei pastori, che durante i lunghi spostamenti per pascolare il gregge, portavano con loro alimenti secchi e a lunga conservazione. Cacio pecorino, pepe, pomodori essiccati, lardo, guancia del maiale, erano tra gli ingredienti principali della loro alimentazione. Il classico “cacio e pepe” caratteristico della campagna laziale, prevede nella ricetta originale solo tre ingredienti: spaghetti secchi (e non tonnarelli o tagliolini all’uovo), cacio pecorino stagionato e pepe nero. Non sono previsti olio, burro, panna o altro. L’acqua di cottura della pasta è un elemento importante per ottenere a fine cottura la tipica cremosità del piatto.
difficoltà 1
tempo di cottura 12 minuti
Ingredienti
400 gr. di spaghetti
200 gr. di pecorino
20 gr. di pepe nero in grani
Occorrente: una bastarda inox o in vetro
Se potete, macinate molto fino il pepe nero in grani. Se disponete di un mortaio e relativo pestello in marmo il risultato sarà perfetto.
Nella bastarda inox miscelate bene il pecorino grattugiato con il pepe nero macinato.
Cuocete gli spaghetti per pochi minuti in abbondante acqua leggermente salata, in modo da ottenere una cottura al dente. Alzate (non “scolate” per non perdere l’acqua di cottura) gli spaghetti, e trasferiteli rapidamente nella bastarda assieme alla miscela di pecorino e pepe. Girare rapidamente la pasta nel condimento con un forchettone, e contemporaneamente aggiungete due mestoli di acqua di cottura per amalgamare.
Servire caldissimi.


REGIONE LIGURIA
Trofie con il pesto
Nota: Il Basilico Genovese d.o.p. presenta foglie di dimensione medio-piccola, con forma ovale e convessa, e colore verde tenue. La particolarità di questa specie di basilico coltivato in tutta la Liguria, ma nato nell’antichità nel quartiere Prà di Genova, è il profumo particolarmente delicato assolutamente privo di quella fragranza di menta spesso riscontrabile i altre specie coltivate in altre località d’Italia.
La salsa al pesto ottenuta da questo basilico, si ottiene pestando nel mortaio di marmo con pestello di legno le sue foglie assieme ad olio extravergine di oliva, pinoli, aglio, parmigiano e pecorino. Va detto, che anche con il mixer si può ottenere un ottima salsa al pesto.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 2 ore (con il mixer 40 minuti)
Ingredienti:
Per il pesto:
Mezzo bicchiere di olio extravergine di oliva
Sei cucchiai di parmigiano reggiano
Due cucchiai di pecorino
Due cucchiai di pinoli
Due spicchi d’aglio
Qualche grano di sale grosso
Per la pasta:
500 gr. di trofie fresche
Due patate lesse
200 gr. di fagiolini freschi
Preparate il pesto lavorando dapprima le foglie di basilico nel mortaio con movimento rotativo e senza battere le foglie. Quando vedrete fuoriuscire gli oli vegetali del basilico aggiungete pinoli e pestate insieme. Indi aggiungete parmigiano e pecorino e versate l’olio a filo nel mortaio continuando a pestare fino a quando non otterrete una crema densa e liscia. Se adoperate il mixer: ponete le foglie di basilico nel bicchiere, date un primo impulso per spezzettarle. Indi aggiungete, lo spicchio d’aglio, parmigiano, pecorino, pinoli, un pizzico di sale fino. Date un secondo impulso per amalgamare. Indi alla velocità minima, colate l’olio a filo finchè non otterrete una salsa omogenea e liscia, di un bel colore verde.
Tagliate le patate a cubetti e i fagiolini a pezzetti lunghi 2 cm, lessateli per 5 minuti in abbondante acqua salata, quando i cubetti di patata e i pezzi di fagiolini sono morbidi ma ancora al dente, aggiungete le trofie e cuocete tutto insieme per altri 10 minuti.
Alzate trofie, patate e fagiolini mantenendo l’acqua di cottura, mettetele in una terrina larga e amalgamate delicatamente con il pesto preparato in precedenza. Aggiungete se necessario (ma senza esagerare) un goccio di acqua di cottura delle trofie.
Il pesto non va mai ripassato in padella, bensì aggiunto a crudo sulla pasta. Servite in fretta per evitare che il piatto giunga a tavola raffreddato.


REGIONE LOMBARDIA
Pizzoccheri della Valtellina
Nota: I pizzoccheri sono una pasta fatta di farina bianca (una parte) e farina di grano saraceno (tre parti). Prodotto tipico e tradizionale della Valtellina, molto calorico, e da consumarsi nei mesi freddi, prende Il nome, dalla radice “pit” o “pizcol” (pezzo piccolo), oppure dal verbo dialettale “pinzare” (schiacciare) in riferimento alla forma schiacciata della pasta.
Questo tipo di pasta tipico e regionale, è espressione della cucina povera e del territorio, e un tempo venivano fatti esclusivamente a mano, ma oggi si possono trovare facilmente secchi, già confezionati e pronti alla cottura. La ricetta originale prevede che vengano cotti con patate e bieta, e conditi esclusivamente con formaggio Casera Valtellina o, in alternativa meno diffusa, con Fontina Valdostana.
Difficoltà 3
Tempo di cottura: 1 ora
Ingredienti:
600 gr. di pizzoccheri
2 patate grandi
300 gr. di verza
200 gr. di formaggio Casera Valtellina
200 gr. di parmigiano
150 gr. di burro
Uno spicchio d’aglio intero
Pepe nero
Tagliate a strisce la verza e la bieta. Tagliate la patata a cubetti piccoli.
Lessate verza, bieta e patate in abbondante acqua salata per circa 10 minuti, indi aggiungete i pizzoccheri per altri 10 minuti e lasciate cuocere pasta e verdure insieme.
Preparate una teglia da forno imburrata.
Fondete il burro in un padellino assieme allo spicchio d’aglio, senza far soffriggere, ma avendo cura che il burro si insaporisca con l’aglio.
A cottura ultimata, alzate pizzoccheri, bieta, verza e patate, con la schiumarola e disponete un primo strato nella teglia. Cospargete di parmigiano grattugiato e di fette sottili di Casera Valtellina. Procedete con un secondo strato, e così via fino a riempire la teglia.
Ripassate la teglia in forno caldo.
Servite i pizzoccheri tagliandoli e sollevandoli dalla teglia come un tortino.




REGIONE MARCHE
Pasta e ceci della Moja
Nota: Questo piatto di pasta e ceci vera espressione della cucina povera del centro Italia, è veramente particolare perché non si tratta di una zuppa o minestra, ma di una pasta asciutta. Inoltre alla pasta lavorata soltanto con acqua e farina e senza uova, viene dato il formato inusuale delle tagliatelle. Il piatto è originario di Moie, frazione del Comune di Maiolati Spontini in provincia di Ancona, e viene servito asciutto, condito con ceci secchi, ammollati e poi lessati, tanto olio e una bella spolverata di pepe nero. Il piatto è leggero per l’uso dell’olio a crudo e dei ceci lessati, ma molto calorico e completo.
Difficoltà 2
Tempo di cottura: 1 ora e mezza (se si esclude l’ammollo dei ceci)
Ingredienti
Per la pasta:
400 gr. di farina di grano tenero
Acqua q.b.
Sale
Inoltre
400 gr. di ceci ammollati e lessati
Olio extra vergine di oliva
Rosmarino
Tenete i ceci in ammollo per una notte, in acqua fredda con un pizzico di bicarbonato, qualche ramo di rosmarino, una presa di sale e tre spicchi d’aglio interi e leggermente schiacciati.
Preparate la pasta impastando acqua e farina fino ad ottenere una palla soda ed elastica. Lasciate riposare la pasta per 1 ora, indi stendete la sfoglia e tagliatela a fettuccine.
Nel frattempo che la pasta riposa, lessate i ceci in abbondante acqua salata e quando saranno molto morbidi , alzateli con la schiumarola passateli in un colino e conservateli in caldo, posti sul vapore dell’acqua bollente.
Nella stessa acqua dei ceci cuocete le fettuccine. Quando saranno a giusta cottura, alzatele senza buttare l’acqua di cottura e passatele in una capiente terrina. Indi aggiungete i ceci e mescolate con abbondante olio extravergine di oliva a crudo. Tutti i tipi di pasta “acqua e farina” tendono ad essere collosi, quindi se necessario aggiungete un mestolo di acqua di cottura dei ceci. Terminate il piatto con una bella spolverata di pepe nero.
REGIONE MOLISE
Taccozze con i fagioli
Nota: Le taccozze sono un tipo di taglio della sfoglia di pasta all’uovo, con forma a losanga, effettuato con la rotella dentata. Lo stesso tipo di pasta in altre regioni prende il nome di “maltagliati” o ”malfatti”. Questo piatto, come quasi tutti i piatti tipici delle regioni italiane, è espressione della cucina povera in quanto è fatto con i fagioli borlotti secchi, classico alimento da “dispensa”, accumulato in sacchi di iuta nei periodi in cui il raccolto lo consentiva, ed essiccato e conservato per lunghi periodi. Largamente diffuse in tutta la regione, le “Taccozze con i fagioli” hanno meritato una nota sagra a loro dedicata che si tiene in Agosto in occasione della festa di San Pio, in località Piana d’Olmo (Campobasso).
Difficoltà 3
Tempo di cottura: 1 ora (escluso ammollo dei fagioli)
Ingredienti:
400 gr. di fagioli borlotti secchi
400 gr. di taccozze
Una cipolla
Una carota
Un gambo di sedano
2 cucchiai di polpa di pomodoro
Cotenna di maiale (eventuale)
Una fetta di lardo
Tenete i fagioli borlotti secchi a bagno per una notte in acqua con un cucchiaino di bicarbonato.
Preparate il battuto con il lardo, il sedano, la cipolla e la carota.
In un tegame dai bordi alti (meglio ancora in un coccio), fate soffriggere con pochissimo olio a fuoco vivo e quando la cipolla sarà imbiondita e il lardo sciolto, unite la cotenna tagliata a strisce e il pomodoro. Indi aggiungete i fagioli ammollati, coprite d’acqua, ,aggiustate di sale e fate cuocere per circa un’ora, facendo lentamente evaporare il liquido di cottura.
Cuocete le taccozze in abbondante acqua salata, scolate al dente e incorporatele ai fagioli.
Il risultato finale non deve risultare acquoso, ma denso e cremoso.




REGIONE PIEMONTE
Pappardelle di farina di castagne al Castelmagno
Nota: Il Castelmagno ha origini antichissime. Le prime notizie di un formaggio con questo nome, utilizzato come forma di pagamento per le gabelle dagli abitanti della zona, risalgono alla fine del tredicesimo secolo. Oggi il Castelmagno, certificato DOC nel 1982, viene prodotto nei comuni di Castelmagno, Pradleves e Monterosso Grana in provincia di Cuneo.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 1 ora (compresa la preparazione della sfoglia)
Ingredienti
Per la Pasta
50 gr. di farina di semola gr. 50
350 gr. di farina 00
350 gr. di farina di castagne
3 uova intere
3 tuorli
Una bustina di zafferano
Per la crema al Castelmagno
250 gr. di Castelmagno D.O.P.
Un bicchiere di latte
50 ml di panna fresca
50 gr. di farina 00
30 ml di olio extravergine d’oliva
Noce Moscata
Sciogliete lo zafferano in poca acqua. Mescolate, per almeno quindici minuti (anche di più), le farine con le uova e i tuorli, lo zafferano disciolto e il sale
Preparato l’impasto copritelo con un telo e lasciate riposare per 30 minuti.
Tirate la sfoglia più sottile che potete e tagliatela a pappardelle, Infarinate e lasciate riposare ancora per 30 minuti.
Preparate la crema di Castelmagno tagliando a lamelle sottili il formaggio privato della crosta, e fate sciogliere a bagnomaria, lavorando a frusta e aggiungendo latte e panna nella quantità che ritenete opportuna a vista. In una padella con fondo antiaderente incorporate la farina all’olio a fuoco moderato,. Indi, aggiungete la crema di Castelmagno con un pizzico di sale e noce moscata grattugiata. Mandate a fuoco lento per 7/8 minuti. In fine Incorporate la panna fino ad ottenere la giusta consistenza.
Con la schiumarola alzate delicatamente dall’acqua bollente le pappardelle giunte a cottura (max 4 minuti), e saltatele in un saltapasta capiente assieme alla crema di Castelmagno. Se necessario aggiungete un mestolo di acqua di cottura.
Guarnite il piatto ancora con un po’ di crema ben calda.
REGIONE PUGLIA
Orecchiette con le cime di rapa
Nota: Questo primo piatto è a buon diritto ritenuto la “bandiera” della Regione Puglia ed è diffusissimo su tutto il territorio. I broccoletti nelle regioni italiane, hanno varie denominazioni (in Sicilia vengono detti “Sparacelli”, in Campania “Friarielli”, ecc.) ma appartengono anche a specie diverse, pur essendo della stessa famiglia. Quelli pugliesi detti “cime di rapa” hanno gambo lungo, foglie larghe e frastagliate e al centro custodiscono l’infiorescenza dal tipico colore giallo, che – assieme alle foglie più tenere – è la parte edibile migliore. Si differenziano nettamente dai broccoletti siciliani che hanno le cime grandi a forma di piccolo cavolfiore, sono compatte, e di colore verde scuro.
Difficoltà 2
Tempo di cottura 30 minuti
Ingredienti
400 gr. di orecchiette fresche
600 gr. di cime di rapa (già pulite)
200 gr. di pecorino (o in alternativa 100 gr. di parmigiano e 100 gr. di pecorino)
Uno spicchio d’aglio
Peperoncino
Mondate le cime di rapa, sfilando le foglie dalla parte più grossa del gambo,con un coltello affilato, dal basso verso l’alto. Mantenete i fiori interi e le foglie più tenere.
Nella stessa pentola dove cuocerete le orecchiette, sbollentate le cime di rapa in abbondante acqua leggermente salata. Quando saranno ammorbidite, aggiungete le orecchiette.
Scolate e ripassate in padella orecchiette e cime di rapa con aglio, olio e peperoncino. Mantecate con pecorino e servite il piatto caldissimo.


REGIONE SARDEGNA
Malloreddus alla Campidanese
Nota:Il Campidano (Campidànu in sardo) è la più vasta pianura della Sardegna, che va dalla provincia di Cagliari, alla provincia di Oristano. In tale zona si prepara questo piatto tipico, che si distingue dalle altre preparazioni gastronomiche perché conta, tra i suoi ingredienti di base, lo zafferano, che - contrariamente a quanto si possa pensare - è prodotto in Sardegna in grandi quantità. A Turri, paese del medio-campidano, durante la sagra dello Zafferano, tra i piatti a base di questa spezia, si possono gustare i tipici “Malloreddus alla Campidanese”.
I Malloreddus, detti anche “Gnocchetti sardi” fanno parte della grande famiglia delle paste italiane fatte con acqua e farina. Hanno forma di conchiglie rigate lunghe circa 2 cm, vengono preparati in tutte le occasioni più importanti, sia nelle feste e nelle sagre paesane, sia durante i matrimoni e appartengono alla grande tradizione della gastronomia sarda. Le caratteristiche rigature sul dorso, si ottengono schiacciando i cubetti di pasta contro l'estremità di un cesto in paglia, detto su ciuliri (il setaccio). “Malloreddu” (plurale malloreddus) è un diminutivo di “malloru”, che in sardo campidanese significa toro. Di conseguenza, malloreddus vuol dire “torelli, vitellini” perché nell'immaginario del mondo contadino assumevano la forma panciuta di piccoli vitelli.
Difficoltà 2
Tempo di cottura 40 minuti
Ingredienti
500 gr. di malloreddus (secchi, confezionati)
2 salsicce fresche
500 gr. di polpa di pomodoro
Una cipolla
Una foglia di alloro
Basilico
Due bustine di zafferano
200 gr. di pecorino grattugiato
Rosolate la cipolla in olio extravergine di oliva, aggiungete la salsiccia fatta pezzi e privata del budello, schiacciatela con la forchetta e lasciata andare a fuoco vivo per 5 minuti. Aggiungete la polpa di pomodoro, la foglia di alloro, coprite parzialmente e cuocete a fuoco medio per circa 25 minuti. A fuoco spento, quando il sugo è ancora bollente, aggiungete lo zafferano (che non deve cuocere per non perdere il profumo).
Scolate i malloreddus a giusta cottura, passateli in un recipiente in coccio (in Sardegna viene usato un contenitore in terracotta detto “sa scivedda”), e ricopriteli con il sugo alla salsiccia, amalgamate con il pecorino grattugiato e cospargete con il basilico strappato con le mani. Facoltativamente per poter servire il piatto caldissimo, potete passare in forno al minimo (50°) per cinque minuti.


REGIONE SICILIA
Rigatoni alla Norma
Nota: Questa ricetta a base di melanzane è ormai entrata a pieno diritto nella tradizione della cucina siciliana. Per i suoi ingredienti principali, melanzane, basilico e pomodoro, tutti prodotti della stagione estiva, dovrebbe far parte delle specialità estive, ma in realtà viene cucinata tutto l’anno e, francamente – vista la sua ricchezza e abbondanza di grassi – è più indicata per i periodi freddi. Il piatto, come tutta la cucina siciliana del resto, è ricco e generoso, e spesso eseguito durante le occasioni di festa.
Difficoltà 4
Tempo di cottura 40 minuti
Ingredienti
400 gr. di rigatoni
4 melanzane nere lunghe
250 gr. di polpa di pomodoro
Un cipollotto fresco
Un mazzo di basilico
Olio per friggere
Un cucchiaino di zucchero per correggere l’acidità del pomodoro
Tagliate a dischi sottili in senso orizzontale una delle melanzane.
Tagliate a tocchetti le altre.
In una padella capiente soffriggete con pochissimo olio di oliva il cipollotto fresco tagliato sottilissimo. Quando il cipollotto sarà imbiondito aggiungete le melanzane tagliate a tocchetti e fatele dorare a fuoco molto vivo, rigirandole in continuazione per evitare che si brucino solo da un lato. Una volta dorate, aggiustate di sale e aggiungete la polpa di pomodoro con una punta di zucchero. Abbassate il fuoco e lasciate andare per circa 20 minuti.
Intanto che il sugo si cuoce, friggete in abbondante olio i dischetti di melanzana finchè non diventino croccanti e dorati. Alzateli con una schiumarola e metteteli a scolare su carta assorbente.
Scolate i rigatoni molto al dente e ripassateli nel sugo a fuoco vivo, assieme a molto basilico a crudo aggiunto a pioggia prima di spegnere il fuoco.
Servite guarnendo i rigatoni con le fette di melanzane fritte e con una foglia di basilico intero.


REGIONE TOSCANA
Pappardelle al cinghiale
Nota: Questo piatto, tipico della regione Toscana, si è diffuso nel territorio della maremma, più precisamente nella zona di Capalbio. Nell’antichità, in questa zona di cacciatori e di briganti, costituiva il piatto ideale per chi viveva alla macchia. Poi nel tempo è diventata una ricetta “cult” della cucina toscana, preparata in tutto il territorio. E’ una ricetta laboriosa che prevede un procedimento complesso che non la annovera certo tra le ricette “fast food”, anche se, per le donne toscane, non è mai stato un problema preparare il cinghiale e tirare le pappardelle !
Difficoltà 6
Tempo di cottura tre ore e mezza (più una notte per marinare il cinghiale)
Ingredienti:
500 gr. di pappardelle all’uovo fresche
500 gr. di polpa di cinghiale
500 gr. di polpa di pomodoro
Cipolla, uno spicchio d’aglio, sedano, carota, prezzemolo, salvia, rosmarino, qualche bacca di ginepro.
Un bicchiere di vino rosso
Un cucchiaino di zucchero per correggere l’acidità del pomodoro
Scorza di limone
Parmigiano e/o pecorino (facoltativo, secondo gusto)
Preparate una marinatura con un cucchiaio di aceto bianco, mezzo bicchiere di vino rosso, qualche scorza di limone e con tutti gli odori interi, e lasciate la polpa di cinghiale a macerare per una notte.
Scolate la polpa e tritate finemente gli odori usati per la marinatura, sedano, cipolla, carota, salvia, rosmarino e prezzemolo. Lasciate interi lo spicchio d’aglio e le bacche di ginepro. Tenete da parte la marinata.
In un tegame largo fate soffriggere gli odori in abbondate olio extravergine di oliva. Indi rosolate la polpa di cinghiale tagliata a pezzi piccoli. Sfumate con la marinatura, indi aggiungete il rimanente vino rosso e lasciate evaporare a fuoco vivo.
Aggiungete la polpa di pomodoro e un cucchiaino di zucchero, solo quando il vino sarà completamente sfumato, aggiustate di sale, indi abbassate il fuoco al minimo e lasciate andare semicoperto per circa tre ore, fino a quando il cinghiale non diventerà morbidissimo e sfilacciato.
Scolate le pappardelle a giusta cottura e condite con il sugo di cinghiale.
Servite cospargendo con il prezzemolo a crudo tritato fine.


REGIONE TRENTINO ALTO ADIGE
Pappardelle allo speck e funghi porcini
Nota: Anche in questo caso, come per molti altri prodotti della cucina povera e del territorio, lo “Speck Alto Adige” I.G.P. che si produce in tutto il sud-tirolo sin dal 1200, è uno di quei prodotti inizialmente destinato al consumo famigliare, che nascono per la necessità di conservare in dispensa tutto ciò che veniva prodotto nei mesi di raccolta. La produzione dello speck, consentiva di conservare per tutto l’anno la carne del maiale che veniva ucciso durante il periodo natalizio. Con il tempo è diventato uno dei principali alimenti della regione, regolarmente usato come antipasto, per merende, e per condire e completare i primi piatti. Il Trentino Alto Adige non annovera tra i suoi piatti tipici una grande varietà di paste asciutte, e quindi questo piatto largamente diffuso si può a buon diritto considerare tra i rari primi di pasta, rappresentativi della regione.
Difficoltà 1
Tempo di cottura 20 minuti
Ingredienti
400 gr. di pappardelle all’uovo fresche
200 gr. di speck Alto Adige I.G.P.
2/4 funghi porcini freschi (secondo grandezza)
Uno spicchio d’aglio
Prezzemolo
Mondate i funghi e tagliateli in senso verticale a fette non troppo sottili. Affettate lo speck e tagliate le fette a listelle.
In un saltapasta capiente soffriggete lo spicchio d’aglio intero con tutta la camicia e leggermente schiacciato assieme al prezzemolo. Poi unite dapprima lo speck per pochi minuti, e a seguire i funghi porcini.
Lasciate andare a fuoco moderato per circa 10 minuti, bagnando se necessario con un mestolo di acqua di cottura della pasta. Togliete lo spicchio d’aglio. Aggiustate di sale.
Scolate le pappardelle a giusta cottura e mantecatele spadellando energicamente a fuoco vivo per qualche minuto. Servite spolverando di parmigiano.


REGIONE UMBRIA
Pici all’aglione
Nota: Piatto povero per eccellenza, fatto di pasta preparata con acqua e farina, pomodoro e aglio. Ingredienti che non mancavano mai nelle dispense contadine. In Umbria si può dire che sia il piatto più diffuso, ma spesso preparato con varianti che prevedono come aggiunta il maiale (salsiccia, pancetta, guanciale, ecc.) e/o i funghi (porcini, galletti, champignons, ecc.). Anche una spolverata di tartufo nero è prevista nella ricetta originale.
Difficoltà 2
Tempo di cottura 30 minuti
Ingredienti
500 gr. di pici (spaghetti grossi e ruvidi preparati con solo acqua farina e sale)
6 pomodori San Marzano sbollentati e spellati.
Un cucchiaino di zucchero per correggere il gradi di acidità del pomodoro.
3 spicchi d’aglio
Peperoncino (secondo gusto)
In un saltapasta capiente, soffriggete in abbondante olio extravergine di oliva l’aglio affettato a velo, avendo cura di non farlo bruciare. Per farlo più sottile possibile potete usare anche l’affetta tartufi. A vostro gusto aggiungete peperoncino. Fate sgocciolare l’acqua di vegetazione dei pomodori e aggiungeteli al soffritto. Aggiustate di sale e mandate a fuoco medio per circa 20 minuti.
Cuocete i pici in abbondante acqua salata, alzateli senza perdere l’acqua di cottura e fateli cuocere per circa 5 minuti nella salsa. Se necessario aggiungete un mestolo di acqua di cottura se vedete che i pici tendono ad essere collosi. Spadellate energicamente prima di servire.


REGIONE VALLE D’AOSTA
Fettuccine di farina di castagne con verza e costine
Nota: Piatto veramente tipico e diffusissimo, della Regione Valle d’Aosta, che fonde la tradizione del territorio degli impasti con farina di castagne, il maiale e le verdure. Ingredienti frequentemente usati per il piatto delle occasioni di festa.
Come in tutte le regioni di montagna, e in particolare nella Valle d’Aosta, alla voce “primi piatti” troviamo soprattutto zuppe e polenta, ma in questo caso la pasta riesce a ritagliarsi un suo preciso spazio. Questo piatto trae origine dalla cucina rustica delle minoranze Walser di cultura tedesca (in cui ancora oggi si parla un idioma alemanno di tipo svizzero-vallesano, non omogeneo). Le antiche preparazioni di tale cultura, fatte con farina di castagne o grano saraceno, oggi sono state riscoperte con successo da molti chef e ristoratori della regione.
Difficoltà 6
Tempo di cottura 1 ora e 50 minuti (compresa la pasta sfoglia di farina di castagne)
Ingredienti
Per la pasta
150 gr. di farina di castagne
100 gr. di farina 00
2 uova intere
Un tuorloPer il piatto
400 gr. di fettuccine di farina di castagne
Un cavolo verza
400 gr. di costine di maiale (5 pezzi)
Rosmarino, salvia, alloro
Mezzo bicchiere di vino bianco secco
Mezzo litro di brodo vegetale
Preparate l’impasto per la sfoglia, fatelo riposare per 30 minuti coperto da un panno. Tirate la sfoglia e tagliatela a fettuccine. Cospargete di farina e lasciate riposare per tutto il tempo della preparazione successiva. Mondate la verza dalle foglie più dure e dal torso, tagliatela a julienne non troppo sottile.
Sgrassate le spuntature (costine nel nord-italia), in acqua bollente per circa 30 minuti, schiumando di tanto in tanto. In un tegame capiente, rosolate le spuntature sgrassate con alloro e salvia, sfumate con il vino e aggiungete due mestoli di brodo. Portate a riduzione a fuoco medio per 30 minuti finché il liquido di cottura non sia ben ristretto. Alzate le spuntatura con la schiumarola e disossatele (questa operazione consente di non perdere il sapore delle ossa durante la prima cottura). Indi rimettete la carne all’interno del tegame e unite la julienne di verza. Aggiungete altro brodo e mandate a fuoco vivace con il coperchio scostato di poco dal tegame, per altri 20 minuti, finche la verza non sia morbida e appassita completamente, e le spuntature quasi disfatte .
Alzate le fettuccine dall’acqua bollente a giusta cottura con l’ausilio della “manina” e amalgamatele con la salsa nel tegame a fuoco vivissimo.




REGIONE VENETO
Bigoli in salsa
Nota: I bigoli in salsa, sono un piatto tipico del Veneto che, secondo tradizione, venivano consumati nei giorni di magro, come la vigilia di Natale, il venerdì Santo e il mercoledì delle Ceneri. I bigoli, anch’essi tipici del veneto, sono grossi spaghetti dalla superficie ruvida (molto simili ai “pici” umbri o agli “strangozzi” delle regioni del centro-sud) che possono essere preparati con farina di grano tenero, o con farina integrale, tradizionalmente senza uova (essendo uno dei piatti regionali provenienti dalla cucina povera del territorio).
Difficoltà 4
Tempo di cottura: 2 ore
Ingredienti:
Per il bigoli:
Acqua q.b. , farina di grano integrale, sale.
Per la salsa:
4 cipolle grandi
400 gr. di alici sotto sale
Prezzemolo.
Disponete la farina a fontana e impastate con acqua e lavorate fino ad ottenere una palla elastica e liscia.
Stendete la pasta alta, e formate tanti rotolini, che poi tirerete con le mani fino alla grandezza desiderata. Lasciate essiccare per il tempo della cottura della salsa.
Dissalate accuratamente sotto acqua corrente le alici, indi apritele a metà, deliscatele, privatele delle impurità e risciacquate di nuovo.
Affettate le cipolle a velo, e in una padella larga dal fondo antiaderente fatele dorare a fuoco vivo in abbondante olio extravergine di oliva.
Aggiungete le alici solo quando le cipolle saranno imbiondite, e schiacciatele direttamente in padella con la forchetta.
Lasciate andare per circa un’ora a fuoco bassissimo, finchè alici e cipolle non si disfino completamente formando una crema densa. Aggiustate con pochissimo sale, tenendo presente che le alici danno molto sapore al piatto.
Cuocete i bigoli in una pentola molto capiente con molta acqua bollente poco salata. Alzateli a giusta cottura senza scolare e aggiungeteli alla salsa mescolando a fuoco spento.
Servite in fretta ancora caldi.